In occasione della Pasqua, un nuovo spunto per rivivere in preghiera attraverso l’iconografia il momento più drammatico di Gesù, eppure il più significativo per noi in quanto cristiani.

L’icona della Crocifissione, è quella più importante nei cicli iconografici per il tema che affronta. Al centro della composizione vi è la croce. Essa è rappresentata con la tecnica della prospettiva rovesciata, dove si ha l’impressione che il punto di fuga si trovi di fronte allo spettatore, onde dargli l’impressione di una maggiore partecipazione della scena raffigurata.

Il corpo del Cristo crocifisso viene rappresentato, benché morto, con la compostezza di un Re di Gloria: la testa inclinata verso la sua destra, il corpo leggermente incurvato e le braccia distese, come se dovessero sopportare un peso, ma abbracciare tutte le dimensioni del tempo e dello spazio in un unico abbraccio.

La città di Gerusalemme è rappresentata dalle mura che costituiscono lo sfondo dell’icona, simboleggia la città chiusa che ha espulso “la pietra rigettata dai costruttori” ma che diventerà sopra il Golgota la pietra di fondamento della Gerusalemme Celeste.

Ai piedi della croce e del bagnato dal sangue che cola dalle ferite è posto spesso un cranio che, secondo un’antica tradizione riportata dagli Apocrifi è quello di Adamo che così viene riscattato dalla sua colpa.

La croce è sempre affiancata da Maria e Giovanni, dove la Vergine ha una postura che esprime grande fortezza e partecipazione attiva all’opera redentiva. E’ questo il momento in cui ella diventa Madre non solo del Cristo, ma di tutti i cristiani simboleggiati dall’Apostolo Giovanni. Maria è sempre raffigurata dalla parte del costato trafitto, mentre Giovanni simmetricamente dall’altra ed è spesso in atteggiamento di dolore e contemplazione del grande mistero di cui è spettatore: “Colui che ha visto ha reso testimonianza” (Gv. 19,35).

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